Sant'Antimo_(Italia)

Storia

Età antica

Un nucleo abitativo di Sant'Antimo è presente già dal IV - III secolo a.C.

Tale esistenza è provata dal ritrovamento lungo la cinta dei suoi limiti territoriali di numerosi gruppi di epoca osco-sannita.

Infatti nell'antichità era severamente vietato seppellire i defunti nel perimetro del centro abitato; quindi i loro corpi venivano inumati lungo la rete stradale esterna nelle immediate vicinanze della città.

Tombe di epoca pre-romana sono venute alla luce nella fascia settentrionale del territorio di Sant'Antimo che va dalla stazione ferroviaria a Friano-Ponte Mezzotta.

Altri ritrovamenti si sono avuti lungo la fascia che costeggia la Statale 7bis, in particolare nella località “Bosco di Capezza”.

Altro sito archeologico di una certa rilevanza è costituito dai nuclei di tombe venuti alla luce in località “Terra Grande” e lungo la strada provinciale Casandrino-Colonne di Giugliano, che delimita a sud il territorio di Sant'Antimo in particolare in località masseria Chianese, dove fu rinvenuta una cappella ipogea dipinta.

Il suolo ha restituito tombe di tre tipi: in terracotta, a cassa di tufo ed a sarcofago.

Le prime, che accoglievano persone di modesta condizione sociale, hanno un corredo funerario molto esiguo costituito da pochi oggetti di terracotta a vernice rossa, di basilare fattura, oltre alla moneta posta sul petto del defunto perché potesse pagarsi il viaggio nell'aldilà. Hanno la forma di un prisma triangolare, la cui base è costituita da lastre di terracotta; formano le fiancate tre/quattro tegoloni per lato che aderiscono tra loro mediante apposite scanalature. I lati in corrispondenza della testa e dei piedi del defunto sono chiusi da due tegoloni simili ai precedenti.

Le tombe a cassa di tufo hanno forma di un quadrilatero retto da lastre di tufo dello spessore di circa 20 cm. con copertura costituita da un'unica lastra dello stesso spessore e talvolta da una lastra formata da tre pezzi di uguali dimensioni; esse appartenevano a persone di rango sociale più elevato e i loro corredi funerari erano pertanto ricchi, vari e di pregevole fattura. Il defunto vi era deposto sempre con orientamento verso il mare o verso la strada che più rapidamente conduceva al mare, dove egli si sarebbe dovuto imbarcare per il suo viaggio nell'aldilà.

Diffuse nella zona dell'agro aversano erano infine le tombe a sarcofago; si tratta di un contenitore di forma cilindrica, di terracotta naturale, dello spessore di circa 2 cm. terminate a punta su entrambi i vertici o su uno solo di essi. Sono alte un metro circa ed il defunto vi era posto ripiegato su se stesso nella tipica posizione del feto nel grembo materno. Questa posizione trova spiegazione nella concezione religiosa degli Osci, incentrata sul culto della dea Terra, concepita come Grande Madre da cui tutto ciò che è vivente trae origine ed a cui tutto ritorna, compiuto il ciclo vitale. Secondo la concezione osca la morte non costituiva il piombare in un eterno non-essere, ma un ritorno, un lungo sonno nel seno della Grande Madre Terra per riposarsi, rigenerarsi, riacquistare le energie vitali per essere pronti ad una nuova nascita. Il defunto veniva quindi posizionato, pronto, per questa rinascita che lo attendeva.

Degli oggetti costituenti il corredo funerario del gruppo di sette tombe rinvenute in località “Cupa Palla” dal 7 al 9 agosto 1927 (nel corso dei lavori eseguiti dalla ditta Astaldi lungo la linea ferroviaria della Direttissima Roma-Napoli) e di quelli rinvenuti nel 1928 in località “Terra Grande” fu stilata una minuziosa descrizione da Olga Elia (Necropoli dell'agro Campano e Atellano – Frignano, Aversa, S.Antimo).

Il corredo funerario era costituito da oggetti comuni: coppe, bocchette, ciotole, piatti, olle, scodelle e vasetti unguentari.

Secondo le concorde ipotesi avanzate da vari autori, i gruppi di tombe riemerse dall'oblio della Storia in occasione del taglio dei terreni designati per l'attraversamento ferroviario della Direttissima Roma-Napoli nei territori di Sant'Antimo, Carinaro, Aversa, Frignano Maggiore e Frignano Piccolo, appaiono dislocati lungo la linea di un'antica strada di raccordo tra la via Atellana e la via Consolare Campana.

Da Sant'Antimo proviene anche un antico sarcofago, databile al III secolo dopo Cristo, situato ora nel Museo Archeologico di Napoli; vi è raffigurato il mito di Endimione e Selene. Non se ne conosce il committente ma esso era certamente uno degli eredi dell'antica borghesia atellana tanto ricca da essere in grado di dare ospitalità più volte ad imperatori romani e al loro numerosissimo seguito.

L'ubicazione dei reperti archeologici ritrovati a Sant'Antimo da vigore a quella ipotesi per la quale si sostiene che il paese fosse già esistente ed abitato dal IV – III secolo a.C. come quartiere o pagus dell'antica Atella e che le strade di cui si ha conoscenza, si irradiassero verso l'esterno a partire da un primo nucleo abitato centrale.

Tali strade dovevano evidentemente collegare il nucleo del paese con i principali luoghi abitati dell'epoca e quindi sicuramente con la città di Atella.

I tracciati delle strade osche sono stati successivamente ripresi e migliorati dai romani che nel 338 a.C. conquistarono militarmente la regione.

Così a un primo nucleo di fondazione osca, risalente con molta probabilità al IV secolo a.C. si è sovrapposto a partire dal 131 a.C. il sistema delle centuriazioni romane.

Tale organizzazione, con la quale i romani dividevano i territori sottomessi in un reticolo ortogonale di strade, canali ed appezzamenti è ancora evidente in più punti del centro abitato.

Il nucleo più antico del paese si è sviluppato su una strada parallela a un decumano (attuali via Trieste e Trento e via Diaz) ed ancora oggi tali strade rappresentano il cuore delle attività di Sant'Antimo.

Età medievale

Allo schema regolare di suddivisione catastale è seguito a partire dal V secolo d.C. quello del periodo medioevale con le caratteristiche stradine tortuose che attraversavano gli agglomerati sorti per lo più intorno ad una chiesa o ad un castello.

Nel caso di Sant'Antimo il nucleo medioevale sorge in presenza di entrambi i manufatti.

Il periodo che va dall'anno 500 fino al 1500 circa vede il mutare delle condizioni politiche del territorio della Campania Felix. Difatti a partire dall'anno 476, con la caduta dell'impero romano d'occidente, comincia il periodo delle dominazioni straniere e della instabilità politica della regione.

A livello urbano si può ipotizzare che le continue invasioni barbariche per la conquista del territorio abbiano indotto la popolazione ad abbandonare gli insediamenti sparsi e a concentrarsi in pochi insediamenti maggiormente sicuri, generalmente intorno ai luoghi di culto cristiani.

La storiografia tradizionale di Sant'Antimo aiuta a sostenere questa tesi, difatti quest'ultima a proposito delle sue origini, fissa nell'anno 816 la fondazione del paese, allorquando il Duca di Napoli, Antemio, fonda un'edicola in onore del santo.

Tale circostanza più che essere un oggettivo avvenimento storico, segna l'introduzione del culto del santo sul territorio, al punto tale da condizionarne successivamente il nome.

La cappella di cui si tratta era ubicata sul posto dove in seguito è sorta la Chiesa Madre dedicata ancora oggi al Santo Patrono ed ubicata nella piazza centrale.

Il tessuto urbano del paese crebbe sicuramente durante il periodo normanno.

Anche il sistema di crescita degli agglomerati abitati del periodo medioevale vede molto spesso come promotori della crescita dei tessuti urbani i centri religiosi e gli insediamenti fortificati. Queste caratteristiche si ritrovano anche nello sviluppo del Comune di Sant'Antimo.

Difatti, lentamente intorno alla edicola fondata dal duca Antemio si sviluppò il nucleo più antico del paese, laddove sorse successivamente anche il castello baronale, di probabile origine medioevale.

In generale i luoghi di culto provocavano quasi sempre un'attrazione delle direttrici di traffico, che venivano così percorse non soltanto da pellegrini ma anche dai primi mercanti.

Sul territorio di Sant'Antimo, appartenente al ducato di Napoli, fu edificato sicuramente un insediamento fortificato presso la località Friano, attigua al Ponte Mezzotta, proprio lungo il confine tra il Principato di Capua e il Ducato di Napoli.

La posizione precisa del castello non è nota ma non è un caso che esso sorgesse presso una strada di grande comunicazione, quale quella sorta sull'antico tracciato della via Antiqua.

Sembra certo che il castello esistesse già prima del 1151, come si rileva da una pergamena del Codice di San Biagio di Aversa e dai primi registri angioini, sin dai primi tempi di Carlo D'Angiò (1226 – 1285).

Intorno al castello di Friano, ora completamente scomparso, sorse un nucleo abitato i cui abitanti pare provenissero da Cuma. Dell'antico castello e delle case ora non resta che una chiesa, completamente ridotta a rudere, chiamata in principio di San Lorenzo Maggiore e successivamente detta di S. Maria delle Grazie.

Per quanto riguarda il castello baronale posto nella piazza principale del paese le fonti storiche tradizionali vogliono che sia stato costruito nel 1500; tuttavia dallo studio del suo impianto di fondazione si ritiene estremamente probabile che la sua costruzione originaria risalga al periodo normanno.

L'impianto urbanistico del periodo medioevale è ancora oggi riconoscibile nelle strette vie che si diramano lungo l'antico asse viario principale del paese e che costituiscono oggi come in passato il nucleo centrale dell'abitato. Queste ultime si sviluppano all'interno dei limites delle centuriazioni più vicine alla cappella di Sant'Antimo della cappella si ritrovano quindi i due assi principali della viabilità del paese, attuali via Diaz e via Trieste e Trento. Questi ultimi perfettamente paralleli a due decumani delle centuriazioni romane, non derivano da questa organizzazione del territorio, ma a questa potrebbero essere addirittura precedenti collegando il centro abitato osco a due o più strade di collegamento con i centri circostanti.

Subito a ridosso di queste strade principali si sviluppano da una parte via Lava e via S. Russo e dall'altra parte via Nicola Romeo e via Cesare Battisti.

Da questo nucleo iniziale si dipartono le strade di collegamento con i borghi circostanti.

  1. ^ a b Pro Loco Sant'Antimo - Raffaele Flagiello - Antimina Flagiello - Paola Cerotto - Massimo Giannangeli - Maria Puca - Carmine Di Giuseppe - Nella Capasso - Antonio Gianfico - Monica Galdo, Conoscere Sant'Antimo: storia di un antico territorio, Sant'Antimo, 2013, p. 256.

Sant'Antimo_(Italia)

Geografia fisica

Geografia fisica

Il comune si trova a 67 m sul livello del mare e dista 16 km dal centro di Napoli.

Comune della Pianura campana situato nella zona nord della Città metropolitana di Napoli, ai confini con la provincia di Caserta e l'agro aversano. L'abitato appare abbastanza compatto e si espande in modo radiale. Dal punto di vista storico e geografico fa parte dell'area frattese.

Clima

In Sant'Antimo si riscontra un clima caldo e temperato. Si riscontra molta più piovosità in inverno che in estate. In accordo con Köppen e Geiger la classificazione del clima è Csa. La temperatura media annuale di Sant'Antimo è 15.5 °C. 911 mm è il valore di piovosità media annuale.

Il mese più secco è luglio e ha 22 mm di precipitazione. Novembre è il mese con maggiore piovosità, avendo una media di 142 mm.

Nel mese di agosto, il mese più caldo dell'anno, la temperatura media è di 23.5 °C. Con una temperatura media di 8.3 °C, gennaio è il mese con la più bassa temperatura di tutto l'anno.

Esiste una differenza di 120 mm tra le precipitazioni del mese più secco e quelle del mese più piovoso. Le temperature medie variano di 15.2 °C durante l'anno.

Mese 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12
mm 102 85 76 71 45 31 22 39 72 114 142 112
°C 8.3 8.9 10.6 13.2 17.1 20.8 23.3 23.5 20.8 16.8 12.8 9.6
°C (min) 4.3 4.7 6.2 8.6 12.2 15.7 17.8 18.0 15.8 12.2 8.7 5.8
°C (max) 12.3 13.2 15.1 17.8 22.0 26.0 28.8 29.1 25.9 21.5 16.9 13.4
°F 46.9 48.0 51.1 55.8 62.8 69.4 73.9 74.3 69.4 62.2 55.0 49.3
°F (min) 39.7 40.5 43.2 47.5 54.0 60.3 64.0 64.4 60.4 54.0 47.7 42.4
°F (max) 54.1 55.8 59.2 64.0 71.6 78.8 83.8 84.4 78.6 70.7 62.4 56.1
  1. ^ https://books.google.it/books?id=z5S8CgAAQBAJ&pg=PA128&lpg=PA128&dq=area+frattese&source=bl&ots=qiz8odoGcS&sig=JUhbEMR9SQTemdO9gj1IdyHTB-o&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiykOPeuPnSAhXLA8AKHfvQABU4ChDoAQgPMAI#v=onepage&q=area%20frattese&f=false
  2. ^ Clima: Sant'Antimo - Grafico climatico, Grafico della temperatura, Tabella climatica - Climate-Data.org, su it.climate-data.org. URL consultato il 18 luglio 2016.

Geografia fisica

Il comune si trova a 67 m sul livello del mare e dista 16 km dal centro di Napoli.

Comune della Pianura campana situato nella zona nord della Città metropolitana di Napoli, ai confini con la provincia di Caserta e l'agro aversano. L'abitato appare abbastanza compatto e si espande in modo radiale. Dal punto di vista storico e geografico fa parte dell'area frattese.

  1. ^ https://books.google.it/books?id=z5S8CgAAQBAJ&pg=PA128&lpg=PA128&dq=area+frattese&source=bl&ots=qiz8odoGcS&sig=JUhbEMR9SQTemdO9gj1IdyHTB-o&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiykOPeuPnSAhXLA8AKHfvQABU4ChDoAQgPMAI#v=onepage&q=area%20frattese&f=false

Sant'Antimo_(Italia)

Evoluzione demografica

Evoluzione demografica dal 1861

Sant'Antimo_(Italia)

Sant'Antimo_(Italia)

Economia

Il comune di Sant'Antimo è stato centro agricolo di primaria importanza fino alla metà del XX secolo, allorquando, il trattamento di un residuo della lavorazione delle vinacce, consentì a questo Comune di rivestire il ruolo industriale di massimo produttore mondiale della sostanza: il Cremore di Tartaro. Tale lavorazione, presente già ai primi del seicento, assunse, fino all'inizio del novecento, una funzione fondamentale nello sviluppo locale e nella determinazione di un benessere diffuso, che garantì lo sviluppo civile ed industriale della intera area.

Il Cremore di Tartaro, ottenuto per trattamento a caldo, in grandi vasi di rame, dei residui delle vinacce, fu definito allora dalla Enciclopedia Britannica come “S. Antimo's Cremore”.

In tale contesto, l'istruzione si diffuse ed una classe di professionisti si formò e distribuì le sue esperienze su tutto il territorio nazionale: uomini come Nicola Romeo, fondatore dell'Alfa Romeo ed il Cardinale Alessandro Verde, videro la luce in questo periodo.

La sintesi chimica della molecola, usata nell'industria farmaceutica ed alimentare, determinò, però, il rapido declino del trattamento a caldo, e la crisi dell'industria locale.

Rapidamente, allora, un altro prodotto della terra locale, le “noci aversane” riportarono in auge città, come delle maggiori produttrici nazionali di quel frutto.

Tale primato continuò fino alla fine degli anni cinquanta, quando l'arrivo delle produzioni californiane e mediterranee determinò una crisi nel mercato interno per il crollo del prezzo del prodotto, che, pur conservando qualità organolettiche superiori, restò fuori dalle grandi commercializzazioni industriali.

La riconversione industriale fu difficile e lenta anche per le difficoltà intrinseche legate ad una rete di infrastrutture e distributiva inadeguata tipica delle realtà meridionali. Così, in questi anni, le risorse economiche sono state soprattutto indirizzate verso il terziario di base ed il commercio.

L'artigianato ha assunto un ruolo produttivo trainante e le piccole imprese a conduzione familiare sono oggi, l'ossatura portante dell'economia locale.

Restano comunque, nella zona industriale della città, importanti esempi di industria farmaceutica e meccanica.

La vocazione turistica, legata alla grandiosa festa patronale, con uno degli ultimi esempi di “volo degli Angeli” ancora presenti in Italia, e che si tiene nell'ultima domenica di maggio o nella prima di giugno, resta ancora un embrione nonostante le numerose iniziative di rilancio.

Ma come permette di verificare la soprastante tabella demografica, la forte vicinanza alla città di Napoli ha dato fiato fin dagli anni settanta a devastanti manovre di speculazione immobiliare che ha portato a due effetti fra loro collegati: un assorbimento nel territorio comunale di numerosissimi nuclei familiari forestieri e un definitivo strozzamento di ogni possibilità di sviluppo realmente produttivo. Quest'ultimo aspetto, anzi, è oggi relegato ai margini della vita economica cittadina ed è affidato de facto ad iniziative talvolta clandestine con fortissimo impiego di manodopera straniera (spesso di origine asiatica, comunità molto presente sul territorio cittadino).

Testi e immagini in gran parte da Wikipedia e Google Maps – Visualizza le licenze

La qualità del’acqua